IN MATERIA DI LAVORO, UN LAVORO GARANTITO PER TUTTI
Il lavoro è l’ambito della vita che occupa quasi sempre il maggior tempo e le maggiori energie di un individuo; è veramente difficile, frustrante, pesante sostenere per tutta la vita un lavoro distante dalle proprie inclinazioni, vocazioni, dai propri talenti. Pertanto sarebbe opportuno investire molto nella propria Individuazione Professionale, ovvero in quel processo psichico e pratico di individuazione (per dirla con Jung) della propria ottimale attività lavorativa, quella che realizza i propri talenti e risponde al meglio alla propria vocazione di servizio agli altri, quella che ci fa sentire meglio e più in armonia nell’interagire sociale.
La propria attività lavorativa dovrebbe perciò essere di norma, una volta individuata, l’attività che sentiamo più corrispondente (quindi salvo momentanei periodi di adattamento e di iniziali esperienze di stage utili per individuare quali sono le proprie capacità, inclinazioni e vocazioni professionali), una leva di grandi motivazioni esistenziali e di piacere. Perché il lavoro fornisca alla nostra vita questo piacere e dia la spinta positiva ed entusiastica a provarsi, attraverso le sfide che può offrire, occorre che il lavoro non sia troppo stressante, ovvero stressante oltre un certo limite. Qualsiasi lavoro, oltre un certo limite, diventa insopportabilmente pesante e quindi negativo e frustrante. Pertanto sosteniamo che affinché la propria attività professionale – ed è già difficile individuare qual è quella che ci realizza e ci soddisfa di più – sia fonte di benessere e si svolga nel benessere, occorre che la giornata lavorativa – ed ovviamente parliamo particolarmente dei lavoratori dipendenti; i professionisti autonomi, proprio in virtù della loro autonomia lavorativa, debbono regolarsi da sé – non superi le sei-otto ore giornaliere per cinque giorni la settimana (salvo ovviamente i cosiddetti “straordinari”, sempre ammessi per esigenze straordinarie, ma debbono essere veramente straordinarie, proprie dell’attività e dell’azienda in cui si opera). A queste sei (massimo otto) ore giornaliere di effettiva attività sul luogo di lavoro (e particolarmente ci riferiamo ai lavori organizzati in aziende, lavoratori dipendenti di enti e imprese) infatti vanno sommati i tempi di spostamento per arrivare sul luogo di lavoro. Le sei (o al massimo otto) ore di lavoro consentono ai lavoratori dipendenti, ma anche ai liberi professionisti (se vogliono ascoltare questo consiglio, perchè per i liberi professionisti questo può essere solo un consiglio) di vivere altre dimensioni esistenziali con maggiore calma e tranquillità, di vivere cioè qualitativamente molto meglio e in una dimensione di benessere psichico. Andare oltre le sei/otto ore di lavoro (otto ore effettive sul luogo di lavoro sarebbe auspicabile soltanto per coloro che non hanno, o hanno brevissimi tragitti da compiere per recarsi al lavoro) può diventare dannoso per la salute psichica, (fatti ovviamente salvi quei casi in cui l’individuo non dichiari il contrario, ovvero che voglia rimanere di più al lavoro: in questo caso la permanenza sul luogo di lavoro per più ore dovrebbe essere sempre possibile).
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L’INDISPENSABILITA’ E LA GARANZIA DEL LAVORO PER TUTTI: I GIOVANI (e non solo) E IL LAVORO
Il lavoro oltre ad essere spazio e dimensione autorealizzativa, svolge una fondamentale ed insostituibile funzione sociale e di salute psichica: mette in contatto con gli altri, fa sentire utili, crea nuove relazioni, inserisce nella società, realizza i propri talenti, rende autonomi economicamente ed esistenzialmente. Proponiamo perciò che IL LAVORO SIA GARANTITO PER TUTTI, diventi nella misura Part-time DISPONIBILE E GARANTITO per tutti, per i giovani e non soltanto: si potrebbe pensare ad una ESTENSIONE E SVILUPPO DELLA MISURA GIA’ ESISTENTE DEL “SERVIZIO CIVILE” RENDENDOLO GARANTITO, DIFFUSO PER TUTTI (OBBLIGATORIO PER I GIOVANI ALLE PRIME ESPERIENZE DI LAVORO E DISOCCUPATI). Ci pare sensato pensare al lavoro anche come fondamentale fattore e funzione di crescita personale e in quest’ottica ci sembrerebbe opportuno e giusto renderlo “obbligatorio”, almeno per quel che riguarda le prime esperienze giovanili (stages) o come sostegno, almeno temporaneo, per i disoccupati e/o coloro che sono in cerca di nuova occupazione, risolvendo così fra l’altro (in gran parte se non del tutto) il grave problema e il pericoloso e nocivo fenomeno (personalmente come socialmente) della disoccupazione; quanto qui diciamo vale secondo noi soprattutto oggi, che non esiste più la funzione iniziatica obbligante del servizio militare (o di leva) e che il servizio civile è facoltativo, o riservato ai pochi ammessi. Occorre dare ai giovani dell’epoca attuale, disorientati ed impauriti dal e nel mondo, soprattutto quello frenetico, globale e con pochi o nessun punto di riferimento comunitario, com’è appunto il mondo di oggi, lo strumento necessario, fondamentale, indispensabile ed insostituibile del lavoro. Questo però non soltanto come opzione facoltativa, ma anche come “obbligo”, come banco di prova per trovare sé stessi, come iniziazione, come strumento indispensabile d’inserimento sociale – perchè c’è chi ha talento, ma non sa promuoversi, vendersi, proporsi (o fa più fatica a farlo), un’iniziazione alla vita sociale, comunitaria e professionale (lavorando all’interno di organizzazioni), verso la maturità e l’età adulta. Il lavoro ci pare proprio lo strumento più idoneo per realizzare tutti questi obbiettivi e quindi proponiamo che diventi GARANTITO E DISPONIBILE PER TUTTI e, come abbiamo detto qui sopra, in una certa forma si potrebbe definire “obbligatorio” (come lo è stato fino a qualche anno fa il servizio di leva).
Ovviamente il lavoro può essere GARANTITO, DISPONIBILE, Obbligatorio soltanto nella misura part-time, ovvero per non più di 4 ore giornaliere e va reso possibile partendo da stage e tirocini anche a tempo parziale, da esperienze di apprendistato o praticantato, all’inizio – per un breve periodo (massimo 3/6 msei) di qualche mese di formazione, partendo da zero nella formazione e solo per una volta, la prima esperienza lavorativa – anche a titolo gratuito, per poi passare subito dopo a forme di collaborazione co minima retribuzione e apertura di conto corrente bancario; queste forme iniziali servono ad apprendere un mestiere, un’arte, una professione, iniziare a scoprire, individuare e realizzare i propri talenti. Le necessarie e gratificanti soddisfazioni economiche arriveranno certamente con l’avviamento progressivo della professione, o del mestiere.
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FISSAZIONE PER LEGGE DELLO STIPENDIO ORARIO MINIMO per il lavoro dipendente e DELL’ONORARIO MINIMO per il lavoratore autonomo.
Per evitare l’indecenza ormai diffusissima di pagare, soprattutto i giovani o le persone in posizione debole con vera ed urgente necessità di soldi, il lavoro con 5, 4, persino 3 euro l’ora , una vergogna assoluta che fa, in questo caso, dell’imprenditore un vero e proprio sfruttatore (e ci torna in mente l’analisi di Marx sull’ “esercito industriale di riserva”), proponiamo che il livello minimo dello stipendio, salario, minimo dei lavoratori dipendenti sia fissato per legge e sia di almeno € 10 l’ora. Così come, aldilà delle tabelle dei diversi ordini professionali (per le professioni regolamentate per legge), sia fissato per legge anche l’onorario minimo dei lavoratori autonomi (tutti, ovviamente anche quelli delle libere professioni non regolamentate) e dei professionisti, onde combattere e debellare il fenomeno sempre più frequente dell’accettazione anche gratuita (magari con speranza di autopubblicità e promozione) di incarichi professionali. Nel caso di lavoro dipendente, chi offrisse lavoro a condizioni più basse rispetto a questo livello minimo di decenza, approfittandosi evidentemente delle posizione di debolezza del richiedente lavoro (l’età giovane del richiedente, la necessità di guadagnare per sopravvivere, l’abbondanza di richiesta di lavoro, particolarmente in tempi di crisi come questo, così che o si accetta questa offerta a livello di pochissimi euro l’ora, o ce ne sono molti altri pronti ad accettarla a questo livello), si porrebbe a tutti gli effetti come “sfruttatore” e secondo noi, dietro segnalazioni o denunce, dovrebbe incorrere in sanzioni pecuniarie (e alternative, o d’altra natura, come ad esempio, il fermo della propria attività) severissime.